Il lavoro di cura non si ferma, noi educatori non ci fermiamo, mai, neanche con una pandemia piombataci ingombrante in mezzo ai piedi, nell’aria, nei cuori.
Vorrei Riprendere l’introduzione di Sabrina, per dare una sorta di continuità a questi scritti, come un filo che ci lega, nella cura, nella passione per il nostro lavoro e nell’incertezza di questo momento…
Il lavoro di cura non si ferma, è vero, il nostro lavoro continua, gli interventi domiciliari continuano, e se qualche famiglia ha deciso di sospendere gli interventi, altre invece non possono sospendere, perché la situazione che stanno vivendo purtroppo non lo consente, ed altre ancora non vogliono sospendere, per continuare a dare almeno una parvenza di normalità alle giornate dei loro cari, ragazzi e ragazze, giovani uomini e donne disabili, che senza di noi, senza il nostro lavoro, vivrebbero questo momento in modo ancora più incomprensibile, perché non potrebbero capire, forse, il motivo per cui dall’oggi al domani si sono chiuse le scuole, i centri diurni, e una grandissima fetta della loro, e nostra “normalità”.
E allora noi non si chiude, noi si potenzia, si fa in modo di non perdere l’assistenza scolastica, seppur con le scuole chiuse, ci si riorganizza in turni, orari e sostituzioni, perché capita che qualche collega legittimamente prenda ferie, permessi per malattia, congedi familiari, o che semplicemente si possa astenere per qualche giorno dal lavoro, come prevede il decreto.
Il decreto dice che adesso non si può andare a comprare la pizza, né andare al centro commerciale (dove può entrare una persona alla volta), non si può girare per negozzi, perché sono chiusi, beh, poco male, tanto se il tuo mandato è quello di passeggiare, lo si può fare tranquillamente all’aperto…
Allora si insegna a tenere la distanza, tutt’altro che scontato per chi è abituato alla vicinanza come necessità, per chi apprende dalla vicinanza con noi, allora si capisce che un metro ha una lunghezza molto relativa quando per spiegare e per capire, non basta un ashtag…
Allora ci si lava le mani, si rafforza l’insegnamento ai ragazzi a lavarsele, si introduce il concetto di disinfezione, di gel a base alcoolica, tutti concetti astratti che si cerca di rendere divertenti con attività ludiche, finché non arriva un nuovo decreto, ancora più stringente…
E allora ci chiudono il campo di atletica dove si andava a fare esercizi e camminate, ti chiudono i parchi e i percorsi verdi, dove si andava a camminare per provare ad essere integrati, ad essere inclusi, ad essere… normali…
Noi non si chiude, noi si potenzia, noi ci si adatta e ci si rinnova continuamente, perché il lavoro di cura non si ferma, prosegue, in attesa del prossimo decreto e della prossima versione del permesso di uscire per lavoro…
TUTTO ANDRA’ BENE SENZA ASHTAG SI PUO’ DIRE?
“IO NON RESTO IN CASA, IO LAVORO”
Daniele Santirosi, educatore
Cooperativa Sociale Cipss Narni Scalo (TR)